Caro Bersani,
quello che è successo in questi mesi denota un grande senso di responsabilità dal parte del PD, ma ci sono alcuni fatti che è impossibile non collegare.
1) il Governo Monti ha subito il veto del PDL sulla patrimoniale a " chi può dare" e non l'ha fatta, ma ha fatto una riforma delle pensioni che sicuramente riequilibra i conti, ma costringe a stare più tempo "in servizio" con conseguente difficoltà dei giovani ad entrare nel mondo del lavoro
2) il Governo Monti sta per varare una riforma che modifica (senza necessità) un diritto sancito dall'Art 18 dello Statuto dei lavoratori adducendo come motivazioni (tra le tante) che questo aiuterebbe gli investimenti stranieri in Italia: cosa palesemente infondata quando le motivazioni sono altre, come il sistema lento delle procedure burocratice e civilistiche e (aimè) la "mafia".
Ormai è del tutto evidente, deducendol dai comportamenti e non dalle parole, che chi difende LO STATO SOCIALE E LA DIGNITA' DEL LAVORO o è Cattolico o è Comunista.
Ho molto apprezzato le Parole di Rosi Bindi all'ultimo Ballarò e la sua intevista al quotidiano l'Unità di oggi.
Ho molto apprezzato le Parole di Rosi Bindi all'ultimo Ballarò e la sua intevista al quotidiano l'Unità di oggi.
Ma ho anche molto apprezzato le Sue di parole a Porta a Porta.
Lì Lei ha dimostrato di avere le "quid", ma milioni di persone aspettano di verificare se Lei dalle parole passerà ai fatti....in Parlamento.
Lì Lei ha dimostrato di avere le "quid", ma milioni di persone aspettano di verificare se Lei dalle parole passerà ai fatti....in Parlamento.
Lo speriamo in moltissimi.
Poi ognuno si assumerà la responsabilità dei comportamenti, ma questa vicenda non sarà dimenticata dalla gente comune sia che facciate una scelta, sia che facciate la scelta contraria.
Poi ognuno si assumerà la responsabilità dei comportamenti, ma questa vicenda non sarà dimenticata dalla gente comune sia che facciate una scelta, sia che facciate la scelta contraria.
"Nel tutelare le ragioni dei privati, si deve avere un riguardo speciale ai deboli e ai poveri. Il ceto dei ricchi, forte per sé stesso, abbisogna meno della pubblica difesa; le misere plebi, che mancano di sostegno proprio, hanno speciale necessità di trovarlo nel patrocinio dello Stato. Perciò agli operai, che sono nel numero dei deboli e dei bisognosi, lo Stato deve di preferenza rivolgere le cure e le provvidenze su" (Papa Leone XIII, Enciclica "Rerum Novarum", n.29)
e ancora dalla dall'Enciclica "Laborem exercens" di Papa Giovanni Paolo II.
Di fronte
all'odierna realtà, nella cui struttura si trovano così profondamente inscritti
tanti conflitti causati dall'uomo, e nella quale i mezzi tecnici - frutto del
lavoro umano - giocano un ruolo primario (si pensi qui anche alla prospettiva
di un cataclisma mondiale nell'eventualità di una guerra nucleare dalle
possibilità distruttive quasi inimmaginabili), si deve prima di tutto ricordare
un principio sempre insegnato dalla Chiesa. Questo è il principio della
priorità del «lavoro» nei confronti del «capitale». Questo principio
riguarda direttamente il processo stesso di produzione, in rapporto al quale il
lavoro è sempre una causa efficiente primaria, mentre il «capitale»,
essendo l'insieme dei mezzi di produzione, rimane solo uno strumento o
la causa strumentale. Questo principio è verità evidente che risulta da tutta
l'esperienza storica dell'uomo.
Quando nel primo
capitolo della Bibbia sentiamo che l'uomo deve soggiogare la terra, noi
sappiamo che queste parole si riferiscono a tutte le risorse, che il mondo
visibile racchiude in sé, messe a disposizione dell'uomo. Tuttavia, tali
risorse non possono servire all'uomo se non mediante il lavoro. Col
lavoro rimane pure legato sin dall'inizio il problema della proprietà: infatti,
per far servire a sé e agli altri le risorse nascoste nella natura, l'uomo ha
come unico mezzo il suo lavoro. E per poter far fruttificare queste risorse per
il tramite del suo lavoro, l'uomo si appropria di piccole parti delle diverse
ricchezze della natura: del sottosuolo, del mare, della terra, dello spazio. Di
tutto questo egli si appropria facendone il suo banco di lavoro. Se ne
appropria mediante il lavoro e per un ulteriore lavoro.
Lo stesso
principio si applica alle fasi successive di questo processo, nel quale la
prima fase rimane sempre la relazione dell'uomo con le risorse e con le
ricchezze della natura. Tutto lo sforzo conoscitivo, tendente a scoprire
queste ricchezze, a individuare le varie possibilità della loro utilizzazione
da parte dell'uomo e per l'uomo, ci rende consapevoli che tutto ciò che
nell'intera opera di produzione economica proviene dall'uomo, sia il lavoro
come pure l'insieme dei mezzi di produzione e la tecnica collegata con essi
(cioè la capacità di adoperare questi mezzi nel lavoro), suppone queste
ricchezze e risorse del mondo visibile, che l'uomo trova, ma non crea.
Egli le trova, in un certo senso, già pronte, preparate per la scoperta
conoscitiva e per la corretta utilizzazione nel processo produttivo. In ogni
fase dello sviluppo del suo lavoro, l'uomo si trova di fronte al fatto della
principale donazione da parte della «natura», e cioè in definitiva da
parte del Creatore. All'inizio del lavoro umano sta il mistero della
creazione. Questa affermazione, già indicata come punto di partenza,
costituisce il filo conduttore di questo documento, e verrà sviluppata
ulteriormente nell'ultima parte delle presenti riflessioni.
La successiva
considerazione dello stesso problema deve confermarci nella convinzione circa la
priorità del lavoro umano in rapporto a ciò che, col passar del tempo, si è
abituati a chiamare «capitale». Se infatti nell'àmbito di quest'ultimo
concetto rientrano, oltre che le risorse della natura messe a disposizione
dell'uomo, anche quell'insieme di mezzi, mediante i quali l'uomo se ne
appropria, trasformandole a misura delle sue necessità (e in questo modo, in
qualche senso, «umanizzandole»), allora già qui si deve costatare che quell'insieme
di mezzi è frutto del patrimonio storico del lavoro umano. Tutti i mezzi di
produzione, dai più primitivi fino a quelli ultramoderni, è l'uomo che li ha
gradualmente elaborati: l'esperienza e l'intelletto dell'uomo. In questo modo
sono sorti non solo gli strumenti più semplici che servono alla coltivazione
della terra, ma anche - con un adeguato progresso della scienza e della tecnica
- quelli più moderni e complessi: le macchine, le fabbriche, i laboratori e i
computers. Così, tutto ciò che serve al lavoro, tutto ciò che
costituisce - allo stato odierno della tecnica - il suo «strumento» sempre più
perfezionato, è frutto del lavoro.
Questo gigantesco
e potente strumento - l'insieme dei mezzi di produzione, che sono considerati,
in un certo senso, come sinonimo di «capitale» -, è nato dal lavoro e porta su
di sé i segni del lavoro umano. Al presente grado di avanzamento della tecnica,
l'uomo, che è il soggetto del lavoro, volendo servirsi di quest'insieme di
moderni strumenti, ossia dei mezzi di produzione, deve prima assimilare sul
piano della conoscenza il frutto del lavoro degli uomini che hanno scoperto
quegli strumenti, che li hanno programmati, costruiti e perfezionati, e che
continuano a farlo. La capacità di lavoro - cioè di partecipazione
efficiente al moderno processo di produzione - esige una preparazione sempre
maggiore e, prima di tutto, un'adeguata istruzione. Resta chiaro
ovviamente che ogni uomo, che partecipa al processo di produzione, anche nel
caso che esegua solo quel tipo di lavoro, per il quale non sono necessari una
particolare istruzione e speciali qualificazioni, è tuttavia in questo processo
di produzione il vero soggetto efficiente, mentre l'insieme degli strumenti,
anche il più perfetto in se stesso, è solo ed esclusivamente strumento
subordinato al lavoro dell'uomo.
Questa verità,
che appartiene al patrimonio stabile della dottrina della Chiesa, deve esser
sempre sottolineata in relazione al problema del sistema di lavoro, ed anche di
tutto il sistema socio-economico. Bisogna sottolineare e mettere in risalto il
primato dell'uomo nel processo di produzione, il primato dell'uomo di fronte
alle cose. Tutto ciò che è contenuto nel concetto di «capitale» - in senso
ristretto - è solamente un insieme di cose. L'uomo come soggetto del lavoro, ed
indipendentemente dal lavoro che compie, l'uomo, egli solo, è una persona.
Questa verità contiene in sé conseguenze importanti e decisive.
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